V Indagine annuale ADI - Valorizzazione del titolo di Dottore di Ricerca

Mercoledì 2 dicembre, presso l’Università di Milano Bicocca, l’ADI – Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani ha presentato i risultati di una consultazione on line sul tema della valorizzazione del titolo di Dottore di Ricerca. La consultazione è stata lanciata il 15 settembre 2015 come terza parte della V Indagine annuale ADI (per la prima parte clicca qui, per la seconda parte clicca qui) e ha visto la partecipazione di 549 tra dottorandi e dottori di ricerca (per i dati di scenario sull'inserimento lavorativo dei dottori di ricerca e per una nota metodologica clicca qui). L’obiettivo alla base di questa iniziativa è favorire il confronto all’interno della comunità dei giovani ricercatori, raccogliendo le loro idee o anche semplicemente le loro esperienze personali, in vista dell’elaborazione di una piattaforma di proposta politica per la valorizzazione del titolo nella Pubblica Amministrazione, nella Scuola e nel mondo della imprese. Di seguito i principali risultati emersi.

 

Pubblica Amministrazione: valorizzare il Dottorato, aumentare la qualità

Tra i 223 giovani ricercatori che hanno lasciato uno o più suggerimenti in materia di valorizzazione del Dottorato nella Pubblica Amministrazione è molto sentita la tematica della valutazione del titolo nei concorsi (69 risposte): il titolo di Dottore di Ricerca è valutato solo in alcuni concorsi, anche in quel caso gli viene solitamente attribuito un punteggio basso e totalmente rimesso alla discrezionalità dell’ente che emana il bando. Le proposte che avanzano i rispondenti per superare questa situazione sono, tra le altre: definire un punteggio standard da attribuire al PhD, diminuendo la discrezionalità dei singoli enti e considerare il PhD – coerentemente con quanto stabilito dalla Carta Europea dei Ricercatori – come esperienza professionale maturata nel settore. Oltre 30 proposte, inoltre, riguardano la necessità di predisporre percorsi per l’accesso ai ruoli dirigenziali riservati a chi è in possesso di un PhD. Parlando di PA, significativamente i rispondenti toccano anche un tema non direttamente legato alla valorizzazione, cioè quello dei diritti e del welfare che sono loro negati, ad esempio, non prevedendo alcun sussidio di disoccupazione al termine del dottorato/assegno/borsa di ricerca. La situazione potrebbe parzialmente migliorare nei prossimi giorni: giovedì 26 novembre, infatti, è stato approvato un emendamento al DdL Stabilità che estende l’indennità di disoccupazione per collaboratori coordinati e continuativi e a progetto (DIS-COLL) anche agli assegnisti di ricerca. L’ADI si augura che non solo l’emendamento sia accolto nella versione definitiva della Legge di Stabilità 2016 ma che la misura venga estesa anche a tutti i precari della ricerca.

 

Ricercatori tra i banchi: la valorizzazione del titolo di Dottore di Ricerca nella Scuola

Alla Scuola, date le peculiarità del settore, è stata dedicata una sezione specifica della consultazione; 236 giovani ricercatori vi hanno lasciato uno o più contributi, da cui emergono come priorità i seguenti interventi: l’attribuzione dell’abilitazione all’insegnamento a chi termina un percorso di formazione dottorale (86)l’aumento dei punteggi attribuiti al titolo nei concorsi per l’insegnamento (42) la previsione di nuovi profili professionali che si occupino delle attività integrative e di formazione (29). In merito all’abilitazione all’insegnamento, molti ricercatori rilevano la contraddizione per cui i dottori di ricerca attualmente devono frequentare i corsi di Tirocinio Formativo Attivo (TFA) per accedervi, quando gli stessi corsi sono spesso tenuti da dottori di ricerca. Alla luce di queste considerazioni, i rispondenti chiedono a gran voce l’abilitazione. Coloro che si focalizzano sui concorsi esprimono valutazioni discordanti sul punteggio attribuito al titolo di dottore di ricerca; la maggioranza ritiene che sia troppo basso per l’esperienza professionale maturata. C’è poi chi chiede di valorizzare il titolo prevedendo figure come il “professore aggregato” – dal sistema scolastico francese –, che abbia il compito di fornire didattica integrativa e di occuparsi dell’aggiornamento degli altri insegnanti. I dottori di ricerca, in virtù della loro elevata qualificazione, ricoprendo questo ruolo potrebbero contribuire, su più livelli, al miglioramento della qualità della didattica.

 

Dottorato e Impresa: un matrimonio possibile?

Quando si parla del settore privato (142)molti ricercatori sottolineano il gap di conoscenza che divide imprese e PhD (42): da una parte, le imprese italiane percepiscono spesso il PhD come un neolaureato che entra nel mercato del lavoro con 3 anni di ritardo; dall’altra, molti PhD non conoscono le dinamiche del mercato del lavoro e questo non consente loro di presentare nel modo più efficace le competenze acquisite. Sarebbe necessario fare emergere la domanda di innovazione di cui spesso le imprese non sono ben consapevoli – team building, corporate identity, gestione delle risorse umane… –, domande cui i dottori di ricerca potrebbero fornire preziose risposte, con conseguenti vantaggi competitivi. Anche il tema dell’inquadramento contrattuale (35) è piuttosto sentito. I ricercatori segnalano che in nessun CCNL si tiene in considerazione il titolo di dottore di ricerca, che dottori di ricerca vengono spesso inquadrati a un livello non corrispondente alle capacità acquisite e che lformazione ricevuta nel percorso dottorale non viene considerata utile ai fini lavorativi. Alcuni rispondenti, infine, indicano gli sgravi fiscali (14) come incentivo all’assunzione dei dottori di ricerca. Queste leve economiche sono percepite come un’efficace risposta alla scarsa propensione all’innovazione da parte delle piccole e medie imprese che compongono il tessuto produttivo italiano e all’inclinazione di una classe imprenditoriale scarsamente qualificata, poco propensa all’assunzione di figure che al contrario hanno elevati livelli di qualificazione.