In questi giorni sono emerse alcune notizie sull’avvio della fase 2 della riforma Gelmini. Dopo la stagione 2008-2010, segnata dalla profonda modifica dei meccanismi di funzionamento del sistema universitario italiano e accompagnata da scellerate politiche di riduzione dei fondi dedicati alla ricerca, il MIUR si prepara a infliggere i colpi decisivi alla democrazia e alla libertà del nostro sistema accademico operando su più fronti.
Per quanto riguarda il dottorato, e in particolare il dottorato innovativo a caratterizzazione industriale, il MIUR si appresta a introdurre nuove modifiche al DM 45/2013. Ormai da un anno e mezzo il ministero sta lavorando a un nuovo decreto e fin da subito l’ADI ha avanzato le proprie proposte per migliorare il percorso e ampliare i diritti dei dottorandi [leggi qui le nostre proposte per la riforma del dottorato di ricerca]. Ora il MIUR vuole introdurre la presenza di rappresentanti delle imprese nel Collegio dei docenti. E’ stato lo stesso Presidente dell’ANVUR, Paolo Miccoli, a dichiararlo durante la presentazione al Senato della Repubblica della VIII Indagine ADI su dottorato e postdoc, lo scorso 8 maggio.
Il nostro timore è che il mondo imprenditoriale diventi in grado di dirigere, sin dai primi passi della carriera dei giovani ricercatori, gli orientamenti disciplinari e di studio conducendo la ricerca (applicata e non) sempre più verso gli interessi monetari e di breve periodo dell’impresa stessa e sempre più lontana dagli ambiti che non garantiscono alti profitti in tempi relativamente brevi, in ciò producendo un appiattimento della ricerca o addirittura la scomparsa di filoni di ricerca reputati non interessanti dal punto di vista industriale.
In sintesi, un colpo mortale alla libertà di ricerca.
A questo già gravissimo attacco ai principi fondamentali dell’università si associa la notizia, appresa da ROARS, che il MIUR ha approntato una bozza di DM con cui si dà attuazione all’art.1 comma 2 della riforma Gelmini, ovvero quello che permetterà alle università “virtuose” di variare il proprio modello organizzativo e di funzionamento. In pratica, si tratta del tanto propagandato modello delle università di “serie A” e di “serie B”. A decidere chi è “virtuoso”, ovviamente, in questo quadro sarebbe l’ANVUR. Non solo questa ipotesi emerge al termine di un trend pluriennale di crescenti disuguaglianze territoriali, con un costante concentramento di risorse negli atenei del Nord; ma, con l’attuale distribuzione dei poteri negli atenei, è pronosticabile che alcuni Rettori si ritroveranno nelle mani un potere pressoché assoluto.
Pertanto, alla fase 2 della riforma Gelmini, alla ulteriore restrizione degli spazi di democrazia e della libertà di ricerca nelle nostre università, noi diciamo “non oggi”!
Né mai.
Ci impegneremo con ogni mezzo per scongiurare il gravissimo rischio che questi provvedimenti pongono alla sopravvivenza dei principi stessi su cui dovrebbe essere costruita la comunità accademica: la libertà di ricerca oltre che di pensiero.
Compito dello Stato dovrebbe essere quello di fornire gli strumenti necessari alla costruzione di un sistema universitario di qualità in modo uguale a tutti gli atenei del Paese; nonostante questo principio sembri essere in antitesi rispetto a quelli che hanno orientato l’azione di molti governi, continueremo a combattere per la sua affermazione e per una ricerca pubblica, libera e davvero di qualità.
Pubblicato Lun, 13/05/2019 - 13:52
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