Con un comunicato diramato la scorsa settimana, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha annunciato che “Assegni di ricerca, collaborazioni coordinate e continuative, collaborazioni a progetto saranno presto considerati nuovamente costi ammissibili per le rendicontazioni dei progetti di Horizon 2020, il Programma quadro Ue per il finanziamento della ricerca”.
Assegni di ricerca, co.co.co e co.co.pro già nell’ottobre 2015 erano stati definiti dalla Commissione Europea non rendicontabili all’interno dei progetti di ricerca finanziati per l’Italia da Horizon 2020, in quanto figure contrattuali prive del vincolo di subordinazione e con una retribuzione basata sui risultati e non sulle ore lavorate.
A seguito della trattativa portata avanti dal MIUR, però, “La Commissione procederà nei prossimi giorni ad una modifica del 'Model Grant Agreement' per consentire di risolvere i problemi legati a queste tipologie di contratto.”
Il Ministro Giannini lo presenta come un risultato importante. In realtà si tratta dell’ennesimo escamotage, in grado di dare un sollievo momentaneo ma non di cambiare la condizione emergenziale vissuta da migliaia di giovani ricercatori italiani.
Se da una parte la riammissione di assegni di ricerca, co.co.co e co.co.pro. tra le spese rendicontabili consentirà a molti di loro di prolungare la presenza nell’Università e continuare a svolgere il lavoro che amano, dall’altra essamanifesta una preoccupante assenza di volontà da parte del Governo di intervenire in maniera sistematica per ridefinire la filiera del reclutamento accademico.
Un intervento di questo tipo dovrebbe partire proprio dal superamento delle figure originariamente (e giustamente!) dichiarate inammissibili dall’Europa, figure caratterizzate da un trattamento stipendiale indegno, prive di diritti e di tutele previdenziali – la pervicace negazione della DIS-COLL agli assegnisti, da parte del Governo e del Parlamento, rimane un chiaro indicatore della considerazione che attualmente molte forze politiche hanno del lavoro di ricerca.
Ci chiediamo se la mediazione operata dal MIUR rappresenti il de profundis per ogni proposito di riforma del pre-ruolo tanto sbandierato da alcuni ambienti del Governo dalla Carta di Udine in poi.
Nel frattempo, se l’Europa cede su un aspetto così importante per la condizione dei ricercatori, non lo faremo noi. Anzi, continueremo a chiedere con ancora più forza una radicale riforma del pre-ruolo in grado di dare dignità e prospettive a un’intera generazione di studiosi.
Pubblicato Gio, 29/09/2016 - 08:59
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