In più di un’occasione abbiamo segnalato le criticità relative alla figura del ricercatore a tempo determinato di tipo A (RTD-A), in particolare per quanto riguarda l’aumento del numero delle posizioni bandite nell’ambito dei progetti PON (https://dottorato.it/content/MUR-regime-transitorio-la%20critica-di-adi).
L’operazione infatti si segnalava quantomeno per una certa “spericolatezza”: da un lato infatti, il Parlamento all’epoca rimuoveva tale tipologia contrattuale dall’impianto del preruolo (https://dottorato.it/content/guida-adi-alla-riforma-del-preruolo-2022); dall’altro appunto autorizzava il suo impiego all’interno di progetti dotati di una cospicua dotazione finanziaria, con il conseguente rischio – praticamente una certezza – di creare sacche di precariato senza sbocchi, da aggiungersi all’ampia platea dei cosiddetti “precari storici”.
La riforma del preruolo, nel regime transitorio, cerca in parte di favorire la categoria; la norma infatti prevede una quota riservata del 25% per tutti quelli che – alla data in vigore della legge – abbiano accumulato un contratto da RTD-A o tre anni di assegni di ricerca.
Si segnala certamente come fatto positivo l’inclusione degli assegnisti in questa quota, ma resta il fatto che l’efficacia del provvedimento, per quanto riguarda l’assorbimento del precariato storico (e meno storico), dovrà essere tutta verificata in combinazione con i piani straordinari di reclutamento. La situazione tuttavia è resa ancora più complessa dal perdurare dell’utilizzo degli RTD-A, secondo sempre il regime transitorio, per i progetti PNRR e PNR 2021-2027. Stiamo parlando di iniziative per cui sono previsti ben più ingenti finanziamenti, conseguentemente è lecito supporre una proliferazione di queste figure.
Altresì questi RTD-A non potranno accedere alla quota riservata, in quanto la norma esplicita chiaramente che la data da considerarsi è anteriore all’entrata in vigore della riforma.
In altre parole, tutti o quasi tutti gli RTD-A PNRR resteranno fuori. Sebbene la ratio del provvedimento appaia (cinicamente, ancora una volta) chiara, non si può non sottolineare il rischio di un’ulteriore frammentazione della categoria, per creare un binario praticamente privo di sbocchi.
A questi RTD-A si rivolge effettivamente un’altra norma del transitorio; infatti, per i 36 mesi successivi alla data in vigore della legge, i vincitori di posizioni da Ricercatore in tenure-track potranno anticipare la richiesta di valutazione secondo l’anzianità di servizio accumulata: tre anni di servizio per gli RTD-A (con possibilità di richiedere istanza di valutazione dopo un anno) e due anni di servizio da riconoscersi per quanti avessero accumulato tre anni di assegno di ricerca (con possibilità dunque di richiedere istanza di valutazione dopo due anni di RTT).
Anche in questo caso l’inclusione degli assegnisti è ottima, ma restano senza spiegazione due criticità: i) perché, se per l’accesso a un RTD-B bastavano tre anni di assegno, per un RTT l’assegno dovrebbe valere meno? ii) perché non vi può essere cumulabilità tra il periodo svolto come RTD-A e assegnista per accumulare i tre anni di anzianità (per esempio due anni di assegno e un anno da RTD-A) ?
Anche in questo caso ci troviamo di fronte a differenziazioni basate su criteri di difficile interpretazione.
Come ADI, riteniamo che un regime transitorio, proprio per sua natura, non possa essere eccessivamente lungo, proprio per consentire il passaggio al nuovo regime il prima possibile; tuttavia come associazione non possiamo mancare di notare come questa fase transitoria si stia caratterizzando per criticità importanti: abbiamo parlato del vincolo di spesa per gli assegni (https://dottorato.it/content/contratti-di-ricerca-una%20svolta-necessaria-il-rischio-di-una-tagliola) e della nota diffusa sulle borse (https://dottorato.it/content/riforma-del-preruolo-e-borse-di-ricerca-post-lauream-un-rischio-inaccettabile). In questo caso ulteriori disparità inaccettabili, tra “figli e figliastri”.
Le croniche difficoltà finanziarie peggiorano notevolmente questo stato di cose e rendono complessa l’applicazione piena della riforma; per questo riteniamo sia necessario agire tempestivamente. Chiediamo pertanto di equiparare l’anzianità dell’assegno di ricerca con quella degli RTD-A e conseguentemente permettere la cumulabilità tra le due forme contrattuali per accumulare i tre anni di servizio da computare come anzianità dei vincitori di posizioni da RTT. Chiediamo inoltre che gli RTD-A PNRR, che costituiranno una quota sostanziale del futuro reclutamento, possano accedere alla riserva del 25% del reclutamento nelle singole istituzioni per i 36 mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge.
Pubblicato Gio, 06/10/2022 - 23:24
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