X Indagine ADI su Dottorato: La questione salariale

La X indagine nazionale dell’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca in Italia sul dottorato di ricerca ha analizzato le condizioni di lavoro di dottorande e dottorandi tramite la diffusione di un questionario, che ha avuto oltre 5000 risposte nella primavera dello scorso anno. Il campione rappresenta più del 10% dell’intera popolazione della categoria ed è stato corredato da analisi di archivio e su dati statistici pubblici. Il rapporto finale dell’indagine, intitolato “La questione salariale”, è stato presentato il 29 marzo 2023 presso il dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Roma Tre.

Il quadro economico e psicologico emerso dall’indagine è preoccupante, con un’incidenza elevata di vari fattori di malessere come depressione e tristezza, ansia e nervosismo, senso di inutilità e pessimismo verso il futuro, combinata a percentuali rilevanti di dottorandi e dottorande che faticano ad arrivare a fine mese e si trovano costretti a chiedere aiuto alla famiglia. Nella primavera del 2022, il 54% delle risposte dai dottorandi con borsa evidenziavano l’impossibilità di risparmiare anche solo 100 € al mese, con una quota rilevante (circa il 37%) che non riusciva a risparmiare nulla o era costretta a chiedere aiuto al partner o ai familiari per le spese quotidiane. Questa situazione è di fatto nota e riconosciuta dagli atenei italiani: nello scorso autunno, l’Università di Verona ha segnalato ai nuovi dottorandi che avrebbero dovuto ricorrere a “finanze proprie” per mantenersi durante il dottorato. Questa situazione di dipendenza si traduce in un processo di marginalizzazione o di esclusione di chi proviene da fasce sociali più fragili, scoraggiati nell’accesso al dottorato di ricerca: come rilevato anche dall’ultima indagine Almalaurea, infatti, il retroterra familiare dei dottori di ricerca è più marcatamente elitario, sia per formazione culturale sia per estrazione sociale, di chi consegue un titolo di laurea.

Sebbene nel luglio 2022 sia entrato in vigore un aumento dell’importo minimo della borsa di dottorato (coincidente con quello percepito da oltre l’80% di dottorandi e dottorande con borsa) a 1195.48 € netti al mese, la situazione è cambiata in peggio nell’ultimo anno: a fronte di un aumento del 5.75%, l’indice dei prezzi al consumo ISTAT è cresciuto dell’8.9% negli ultimi 12 mesi, configurando una perdita netta di potere d’acquisto. Al tempo stesso, la crisi degli affitti in molte città universitarie italiane ha provocato ulteriori aumenti del costo della vita per i dottorandi: già un anno fa, circa due terzi dei posti di dottorato erano in città in cui l’affitto di un monolocale era superiore al 30% dell’importo della borsa, e molte città hanno visto aumenti superiori al 10%.

Il confronto con l’estero è particolarmente impietoso, mettendo l’Italia come fanalino di coda per potere d’acquisto della borsa di dottorato: normalizzando gli importi di altri Paesi europei al costo della vita, la borsa italiana risulta più bassa di circa il 20% rispetto a Francia e Germania, del 30% rispetto alla Spagna, e del 50% rispetto a Olanda e Danimarca. Inoltre, l’inquadramento atipico del dottorato come passaggio intermedio tra lo studio e il lavoro di ricerca rende molto più difficile poter usufruire dei diritti fondamentali previsti per un normale rapporto di lavoro, sottoponendo la loro fruizione all’arbitrio dei supervisori e degli organi di dipartimento. 

In un quadro generale particolarmente critico, le fasce più deboli sono in ulteriore sofferenza: a non riuscire a risparmiare è infatti il 59% delle dottorande contro il 48% dei dottorandi, mentre le borse superiori al minimo si concentrano nei settori delle scienze applicate e dell’ingegneria, caratterizzate da un maggior finanziamento privato e da una netta prevalenza maschile. L’importo minimo nazionale rende meno severo il divario tra le regioni del nord e il meridione, che però è visibile sotto altri aspetti: a vivere ancora nella casa di famiglia, infatti, è più della metà di dottorande e dottorandi al sud, ma solo il 28% al centro e il 21% al nord. Questo denota, come già ricordato, la differente capacità dei tessuti sociali di riferimento di sostenere materialmente il dottorando nel suo percorso accademico. In tutte le regioni, comunque, il 45% di chi frequenta un corso di dottorato non sarebbe in grado di sostenere una spesa imprevista superiore ai 400 €, dimostrando l’universalità della precarietà economica e materiale che affligge i giovani ricercatori italiani.

Materiali
Relazione: 
AllegatoDimensione
PDF icon X_Indagine_ADI.pdf1.34 MB
Slides: 
AllegatoDimensione
PDF icon Slides X Indagine ADI.pdf774.02 KB