Con l’ordinanza 5233 dello scorso 3 settembre il Consiglio di Stato (CdS) si è nuovamente espresso sulla questione dell’ammissione dei dottori di ricerca al concorso indetto con il decreto direttoriale 85/2017, riservato ai candidati in possesso di abilitazione all’insegnamento. Con l'ordinanza in questione il CdS ha rimesso alla Corte costituzionale la decisione sulla legittimità costituzionale di alcune norme del decreto legislativo che disciplina il concorso riservato, ammettendo nel frattempo con riserva il collega ricorrente
La decisione del CdS ha generato molto clamore e parecchi dubbi tra dottorandi e dottori di ricerca. Come ADI - Associazione Dottorandi e dottori di ricerca Italiani - riteniamo doveroso informare correttamente tutti i colleghi interessati in merito alle possibili implicazioni della decisione della giustizia amministrativa.
Innanzitutto è importante notare come l’ordinanza del Consiglio di Stato operi un’accurata ricostruzione storica delle norme per l’accesso all’insegnamento del nostro Paese. L’ondata di ricorsi che si è riversata sui tribunali amministrativi nasce in seguito alla decisione di bandire un concorso riservato esclusivamente a chi risulti in possesso di un titolo abilitante (TFA, SSIS, PAS, etc.). Nelle intenzioni del governo tale concorso riservato avrebbe dovuto sfoltire o esaurire la platea degli abilitati, differenziandoli transitoriamente da chi avrebbe dovuto partecipare al prossimo corso FIT; tuttavia molti non abilitati hanno deciso di ricorrere alla giustizia per affermare il loro diritto a partecipare al concorso.
Entrando nel merito dell’ordinanza in questione, è importante notare che la decisione riguarda esclusivamente il singolo collega ricorrente. Oltretutto la partecipazione al concorso è sancita in maniera cautelare, ossia potrebbe essere annullata qualora la Corte Costituzionale ritenga nulle le eccezioni di legittimità sollevate dal CdS. Infine, l'ordinanza non equipara affatto il dottorato di ricerca all’abilitazione all’insegnamento. Si legge infatti al punto 16.11: “La norma, secondo la giurisprudenza di questo Giudice, esprime il principio per cui allorché si richieda l’abilitazione quale necessario requisito di partecipazione ai pubblici “concorsi a posti e a cattedre di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado” deve essere in via transitoria consentito parteciparvi anche a chi dell’abilitazione sia sprovvisto, purché ovviamente munito del prescritto titolo di studio, finché non sia stato almeno astrattamente possibile conseguire l’abilitazione stessa in via ordinaria, ovvero all’esito di un percorso aperto ad ogni interessato, senza necessità di un precedente periodo di precariato.” Nel quadro normativo del DM 59/2017, inoltre, non ha più senso parlare di equiparazione tra dottorato e abilitazione all’insegnamento. Con il FIT, infatti, il percorso abilitante è posticipato rispetto al concorso per l’accesso in ruolo.
In sintesi, il CdS ha stabilito l’ammissione cautelare del collega perché negli anni non sono stati regolarmente banditi i percorsi di abilitazione, restringendo la platea dei partecipanti al concorso suddetto senza aver dato la possibilità al collega e a tutti i laureati di abilitarsi.
Il CdS conferma così quanto ADI sostiene da anni: i governi succedutisi alla guida del nostro Paese hanno impedito ad un’intera generazione di poter conseguire l’abilitazione all’insegnamento, negando così l’accesso alla carriera scolastica a migliaia di laureati e dottori di ricerca. È questa la base su cui è cresciuta la rabbia di studenti, laureati, dottorandi e dottori di ricerca in merito al FIT.
In questi anni ADI ha sempre lavorato con costanza e serietà, senza mai cedere alla tentazione di sfruttare l’ondata di malcontento a proprio vantaggio. ADI ha rappresentato le istanze dei dottori di ricerca presso il MIUR, prodigandosi per la valorizzazione del dottorato sia nella precedente fase concorsuale, con significative vittorie, sia all’interno del FIT. Con lo sguardo al futuro, abbiamo costruito una proposta concreta, applicabile ed equa per il generale miglioramento del percorso FIT e per la valorizzazione del titolo di dottorato nel mondo scolastico. Da ricercatori, rinnoviamo la nostra intenzione di continuare a tutelare i colleghi sul piano politico e in tutte le sedi opportune. Non ci interessano sentenze per pochi fortunati, ma provvedimenti per valorizzare nel merito il dottorato e tutti i dottori di ricerca.
È per questo che in questi anni abbiamo lavorato, e continuiamo a farlo, per sottolineare l’unicità della figura del dottore di ricerca all’interno del contesto scolastico, e per elaborare una serie di proposte puntuali finalizzate alla valorizzazione delle competenze specifiche che contraddistinguono il dottore di ricerca:
- richiesta di un percorso FIT semplificato per i dottori di ricerca;
- riconoscimento del dottorato come anno di servizio effettivo;
- valutazione della didattica universitaria svolta durante e dopo il dottorato (non in termini di ore di servizio ma di punteggio).
Per approfondire vi invitiamo a consultare il nostro sito, dove illustriamo le nostre idee per la valorizzazione del titolo di dottore di ricerca nella scuola.
ADI è un’associazione di volontari indipendente da partiti e sindacati, aperta a tutti i dottorandi e dottori di ricerca che vogliono collaborare per migliorare la condizione del dottorato in Italia. Per partecipare, contatta la sede ADI più vicina a te.
Pubblicato Sab, 08/09/2018 - 12:15
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