PhD e PA: dottori discriminati

L’attuale dibattito sul nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) del comparto Funzioni Centrali relativo al periodo 2019-2021, sembra arenato in un vicolo cieco. Miope, infatti, la ricerca del personale in possesso dei requisiti idonei all’accesso nella costituenda Area IV delle Elevate professionalità, prevista nel Titolo III all’Art. 13 del citato contratto. La Pubblica Amministrazione è già dotata di personale altamente specializzato in servizio, ormai da anni, nell’Area III, in qualità di funzionari: dipendenti in possesso del titolo di “Dottore di Ricerca”. Si tratterebbe di dare seguito a una progressione di carriera per coloro i quali sono già in servizio e in possesso del più alto titolo di studio previsto dall’ordinamento italiano.

Le specifiche professionali e i requisiti di base per l’accesso all’Area delle elevate professionalità riportati nell’allegato A del CCNL non menzionano, a gran sorpresa, il titolo post lauream del dottorato tra i requisiti di accesso nella ormai “fantomatica” Area IV.

Eppure, il testo riporta tra i requisiti: “laurea magistrale accompagnata, di norma, da un periodo pluriennale di esperienza lavorativa in funzioni specialistiche e/o di responsabilità che possono anche richiedere l’iscrizione ad albi professionali”. 

Purtroppo, duole constatare che è in corso un sistema discriminatorio inverso: progredisce la carriera il personale, meramente per anzianità di servizio, anche senza laurea, seppur richiesto nell’accesso dall’esterno. Questo sistema limita, naturalmente, anche le progressioni di carriera orizzontali, per i dipendenti in possesso di titoli di studio superiori, i quali sono destinati a rimanere bloccati nella fascia retributiva di partenza, senza poter progredire.

Tale situazione ha dei pesanti riverberi sia per le progressioni orizzontali che verticali.

Nel dettaglio, ad esempio, l’Area degli Operatori (lavoratori che svolgono attività di supporto strumentale ai processi produttivi ed ai sistemi di erogazione dei servizi, che non presuppongono conoscenze specifiche e/o qualificazioni professionali, corrispondenti a ruoli ampiamente fungibili) è già confluita de plano dal 1° gennaio 2023 nell’Area degli Assistenti attraverso un salto di carriera gratuito e previsto dal legislatore, orientato probabilmente a realizzare la tanto declamata omogeneità tra famiglie professionali, a discapito delle competenze professionali e dei titoli di studio. L’Area degli Assistenti è costituita da lavoratori strutturalmente inseriti nel processo produttivo e nei sistemi di erogazione dei servizi e che ne svolgono fasi di processo e/o processi, nell’ambito di direttive di massima e di procedure predeterminate, anche attraverso la gestione di strumentazioni tecnologiche. Tale personale è chiamato a valutare nel merito i casi concreti e ad interpretare le istruzioni operative. Risponde inoltre dei risultati nel proprio contesto di lavoro.

Infatti, negli ultimi vent’anni, nell’Area III dei funzionari sono confluite molte persone con il solo diploma di scuola media superiore, attraverso le progressioni di carriera verticali che hanno valorizzato più gli anni di servizio nella PA che i titoli di studio conseguiti.

Questi ultimi restano degli sconosciuti anche nei futuri passaggi verticali, lo apprendiamo anche da una recente intervista del 16 gennaio u.s. rilasciata dal Presidente dell’ARAN – Antonio Naddeo: “nell’ultimo contratto i sindacati hanno ottenuto le progressioni di carriera verticali che, almeno per un certo periodo di tempo, hanno previsto deroghe per i titoli di studio. Insomma il personale interno può passare funzionario di terza area anche senza laurea, mentre un esterno deve necessariamente possedere questo titolo”. Quasi automatico che chi si ritrova nella terza area e ha un titolo di studio adeguato e una buona esperienza ambisca a passare nella futura quarta area. Ma in questo caso lo scatto non potrà essere automatico. Sarà necessario un concorso, anche perché l’accesso alla quarta area è riservato a chi non solo ha la laurea, ma anche competenze altamente specialistiche, elevata consapevolezza critica, capacità gestionali. Requisiti, insomma, molto stringenti.

Ci sembra di essere di fronte all’ennesimo paradosso: il personale in servizio nell’Area III, in possesso della laurea, ha già sostenuto un concorso per l’accesso nella P.A. da funzionario. I funzionari dell’Area III sono lavoratori strutturalmente inseriti nei processi produttivi e nei sistemi di erogazione dei servizi che, nel quadro di indirizzi generali, assicurano il presidio di importanti e diversi processi, concorrendo al raggiungimento degli obiettivi stabiliti, assicurando la qualità dei servizi e dei risultati, la circolarità delle comunicazioni, l’integrazione/facilitazione dei processi, la consulenza, il coordinamento delle eventuali risorse affidate, anche attraverso la responsabilità diretta di moduli e strutture organizzative.

Nel nuovo CCNL le specifiche professionali riportate per l’accesso all’area delle elevate professionalità sono le seguenti:

  • conoscenze altamente specialistiche;
  • competenze adeguate ad affrontare, con elevata consapevolezza critica, problemi di notevole complessità;
  • capacità di lavoro in autonomia accompagnata da un grado elevato di capacità gestionale, organizzativa, professionale atta a consentire lo svolgimento di attività di conduzione, coordinamento e gestione di funzioni organizzativamente articolate di significativa importanza e responsabilità e/o di funzioni ad elevato contenuto professionale e specialistico, implicanti anche attività progettuali, pianificatorie e di ricerca e sviluppo;
  • responsabilità amministrative e di risultato, a diversi livelli, in ordine alle funzioni specialistiche e/o organizzative affidate, inclusa la responsabilità di unità organizzative; responsabilità amministrative derivanti dalle funzioni organizzate affidate e/o conseguenti ad espressa delega di funzioni da parte del dirigente in conformità agli ordinamenti delle amministrazioni.

Come ADI riteniamo che le competenze evidenziate e richieste per il personale delle elevate professionalità corrispondano pienamente con quelle acquisite durante un percorso triennale di dottorato.

Per tale ragione, l’assenza del dottorato di ricerca tra i requisiti del personale di Area EP ci appare assolutamente inaccettabile e ingiustificabile!

L’accesso all’Area EP dovrebbe essere consentito, in prima battuta, ai funzionari dell’Area III in possesso del titolo di dottore di ricerca, al fine di riconoscere il valore del più alto titolo previsto dall’ordinamento universitario italiano per il personale della PA. Pertanto, il possesso del titolo di Dottore di Ricerca dovrebbe garantire una corsia preferenziale per l’accesso all’Area EP sia in termini di progressione verticale delle carriere del personale della PA sia in termini di reclutamento dall’esterno.

Con specifico riferimento ai titoli post lauream individuati per le progressioni all’interno dell’Area III ricordiamo quanto disposto dall’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in ordine alla valorizzazione dei titoli ivi previsti: “La contrattazione collettiva assicura che nella determinazione dei criteri per l'attribuzione delle progressioni economiche sia adeguatamente valorizzato il possesso del titolo di dottore di ricerca nonché degli altri titoli di studio e di abilitazione professionale di cui all'articolo 35, comma 3-quater”.

In merito alla valorizzazione dell’esperienza professionale pregressa all’interno della PA richiamiamo altresì l’articolo 18 del CCNL 14/9/2007 secondo cui “con particolare riferimento all’esperienza professionale occorre, altresì, evitare di considerare la mera anzianità di servizio ed altri riconoscimenti puramente formali”.

Come ADI chiediamo con forza il riconoscimento formale del dottorato di ricerca come requisito obbligatorio di accesso alle posizioni da Funzionario di III livello, personale della nuova Area EP del comparto Funzioni Centrali e di dirigente, superando la formula “ove pertinente, tra i titoli rilevanti ai fini del concorso” che limita la valorizzazione a vantaggio della discrezionalità; la valorizzazione del dottorato di ricerca ai fini delle progressioni economiche e di carriera in qualsiasi settore della PA, nonché il riconoscimento del dottorato di ricerca come esperienza lavorativa pregressa.

Si passi dalle parole ai fatti per una vera valorizzazione della formazione, delle elevate competenze e professionalità all’interno della Pubblica Amministrazione italiana.