Legge di bilancio 2020: una manovra che non incentiva R&S e dottori di ricerca

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La Legge di bilancio 2020 si mostra decisamente debole sul fronte degli incentivi per ricerca e sviluppo. Come ADI chiediamo molto di più: legare questo tipo di agevolazioni all’assunzione di dottori di ricerca senza limiti d’età o discriminazioni legate alla carriera e, più in generale, maggiori stanziamenti quando si parla di investimenti in R&S. Quello di cui abbiamo bisogno è creare finalmente in Italia un vero e proprio ecosistema dell’innovazione e, in una simile sfida, i dottori di ricerca vogliono fare la loro parte. 

 

La Legge di bilancio 2020, al pari di tutte quelle che si susseguono ormai da anni, si dimostra decisamente debole sul fronte degli incentivi per ricerca e sviluppo al sistema produttivo italiano e, specularmente, sul fronte del riconoscimento e della valorizzazione di coloro che si sono formati alla ricerca seguendo un percorso dottorale

Economisti di diverse scuole di pensiero concordano ormai nel riconoscere gli investimenti - ed in particolare quelli in ricerca e sviluppo - come il principale driver della crescita economica e l’Italia, reduce da anni di domanda stagnante e produttività debole, ne ha un disperato bisogno. Da anni ormai la specializzazione produttiva delle altre economie europee si sposta progressivamente su settori innovativi e ad elevata intensità di ricerca, mentre quella italiana si allontana dalla frontiera tecnologica, compromettendo sempre di più le nostre opportunità di sviluppo. E’ per questo che il sistema produttivo italiano ha bisogno di essere guidato ed incentivato ad investire in ricerca e sviluppo, assumendo a tal fine individui formati alla ricerca come chi ha seguito un percorso dottorale.

La manovra economica approvata quest’anno, però, prevede solo poche e modeste misure che vanno in questa direzione. All’art. 1 commi 198 e ss., ad esempio, viene introdotto - sostituendo parzialmente le misure precedenti equivalenti - il credito d’imposta per “gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative”. Per quanto riguarda nello specifico i dottori di ricerca, il comma 200 lega la formazione della base di calcolo del credito d’imposta alle spese di personale assunto a tempo indeterminato relative a chi è in possesso di un titolo di dottore di ricerca o è iscritto a un ciclo di dottorato presso un'università italiana o estera, equiparandoli a chi è in possesso di una laurea magistrale in discipline tecniche o scientifiche, e limitando la misura ai soli individui di età non superiore a 35 anni e che siano al primo impiego. Sebbene come ADI apprezziamo l’estensione del credito d’imposta alle attività relative alla transizione ecologica della nostra economia, ci chiediamo perchè non spingersi oltre e legare questo tipo di agevolazioni all’assunzione di dottori di ricerca senza limiti d’età o discriminazioni legate alla carriera e, più in generale, perchè non vengano stanziate più risorse. Guardando ad esempio alle note di variazioni allegate al testo della legge, notiamo che alla voce “Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità” (11.9) solo il 3,31% degli interventi è destinato a “Ricerca e Sviluppo”. Auspichiamo, inoltre, che tutti gli incentivi concessi vengano seguiti da controlli efficaci e severi sull’effettivo impiego in attività coerenti con la ricerca e l’innovazione, affinchè ogni euro di spesa pubblica e ogni euro di mancate entrate fiscali vengano impiegati per il bene collettivo e non si riducano a semplici escamotage contabili per profitti privati.

Chiediamo quindi molto di più ai nostri rappresentanti in Parlamento: cospicui finanziamenti e incentivi alla ricerca, pubblica e privata, e - in tale contesto - il riconoscimento della formazione e dell’esperienza dei dottori di ricerca

Secondo l’ISTAT, infatti, in Italia solo il 9,3% di chi ha conseguito un dottorato trova occupazione nel settore dell’agricoltura o dell’industria e, tra questi, solo poco più della metà mette realmente a frutto le proprie competenze, dato che solo il 65% di essi dichiara di svolgere effettivamente attività di ricerca. Siamo quindi davanti ad un vero spreco di competenze e davanti ad una mancata capitalizzazione di un investimento che il sistema accademico italiano fa anno dopo anno con i propri percorsi dottorali

Non c’è alcun bisogno infatti di far rivivere il Bonus per le “giovani eccellenze” (art. 1 c. 11), concesso a chi assume laureati eccellenti e dottori di ricerca under 34 - di cui abbiamo già ampiamente discusso un anno fa su dottorato.it -  perchè né ai nostri colleghi e né al sistema Italia servono sterili e appiattiti meccanismi premiali. Quello di cui abbiamo bisogno è creare finalmente in Italia un vero e proprio ecosistema dell’innovazione e, in una simile sfida, i dottori di ricerca vogliono fare la loro parte.

 

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