Caso Regeni: ritirare subito l’ambasciatore italiano dall’Egitto

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Giulio RegeniNelle ultime settimane si sono susseguite una serie di dichiarazioni e di azioni, sia in Egitto e sia in Italia, che riguardano il caso Regeni e che l'ADI condanna fermamente: intimidazioni, dichiarazioni inaccettabili e striscioni-simbolo della campagna "Verità e Giustizia per Giulio" rimossi senza il minimo rispetto. Anche alla luce di queste ultime intollerabili vicende, sosteniamo la richiesta della famiglia Regeni di richiamare l’ambasciatore italiano al Cairo ed invitiamo a firmare la petizione che chiede di riposizionare lo striscione sul Palazzo della Regione Friuli-Venezia Giulia.

 

Apprendiamo con sbigottimento il susseguirsi di episodi gravissimi, che continuano a ostacolare la ricerca di Verità e Giustizia per Giulio Regeni. Negli scorsi giorni il Ministro del Lavoro egiziano, Mohamed Saafan, nel corso della Conferenza internazionale del lavoro a Ginevra ha dichiarato che quello di Giulio è stato «un omicidio ordinario che sarebbe potuto accadere in qualsiasi Stato». A questa oltraggiosa dichiarazione, che offende i valori fondamentali degli Stati democratici, è seguita la notizia di una nuova ondata di intimidazioni e arresti al Cairo nei confronti dei legali della famiglia Regeni, e dei loro familiari.

Purtroppo siamo costretti a denunciare non solo quel che accade in Egitto, ma anche quello che accade in Italia, dove il governatore leghista del Friuli Venezia Giulia Fedriga ha rimosso lo striscione "Verità per Giulio Regeni" dal palazzo della Regione e ha dichiarato che «lo striscione non verrà più esposto né a Trieste né in altre sedi di Regione».

Si tratta di fatti gravi e inaccettabili, davanti ai quali non bisogna tacere. Pretendere che sia fatta luce sulla morte di Giulio e non abbassare la guardia significa contrastare ogni forma di potere occulto. Chi promuove simili forme di potere – secondo l’insegnamento ancora attuale di Norberto Bobbio –  vuole sottrarre le proprie azioni al controllo democratico, sciogliersi dai vincoli che qualsiasi costituzione democratica impone a chi detiene il potere di prendere decisioni vincolanti per tutti i cittadini.

Stupisce e preoccupa, infatti, che siano proprio i rappresentanti della res pubblica a dimostrare indifferenza verso la verità. Ciò significa che è la stessa democrazia a essere in gioco, ed è più che mai necessario intervenire per difenderla, chiedendo con forza il rispetto per una vicenda umana, prima ancora che politica e quindi il raggiungimento della verità a tutela dell’individuo e dei suoi diritti umani fondamentali.

È stata proprio la ricerca di Verità, perseguita da Giulio attraverso il suo lavoro di ricerca, che ha presumibilmente portato al suo brutale omicidio da parte del regime dittatoriale di al-Sisi. Noi non possiamo accettare che uno Stato uccida per contrastare la spinta verso la ricerca e la libertà propria dell'essere umano. Quando anche i simboli di una campagna simile vengono considerati un fastidio da rimuovere, l’indifferenza scivola nel disprezzo.

Per tutti questi motivi, in qualità di rappresentanza nazionale dei dottorandi, categoria alla quale lo stesso Giulio apparteneva, e dei dottori di ricerca, esprimiamo una ferma condanna sia riguardo ai fatti del palazzo della regione Friuli Venezia Giulia, sia riguardo a quanto accaduto in Egitto. Invitiamo dunque a firmare la petizione che chiede di riposizionare lo striscione sul Palazzo della Giunta friulana (clicca qui per firmare). Sosteniamo, inoltre, la richiesta della famiglia di Giulio di richiamare l’ambasciatore italiano al Cairo, fino a quando non verrà fatta completa chiarezza sulla vicenda. Verità e Giustizia devono essere restituite a noi tutti, dottorandi, dottori di ricerca, cittadini di uno Stato democratico, a tutela della ricerca scientifica e della stessa democrazia.

 

Giulio Regeni