La lunga e vittoriosa lotta per il sussidio di disoccupazione DIS-COLL ai precari della ricerca

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È il 10 maggio 2017 quando in Senato diventa legge l’estensione della DIS-COLL a dottorandi con borsa e assegnisti di ricerca. In questa pagina pubblichiamo il racconto di quella lunga e appassionante battaglia. Molte altre battaglie ci aspettano, ma la storia dei precari della ricerca è il nostro punto di partenza, «con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro».

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Ricerca è lavoro!

La lunga e vittoriosa lotta per il sussidio di disoccupazione ai precari della ricerca
 

Prologo - La Carta Europea dei Ricercatori

L’11 marzo 2005 la Commissione Europea, allora presieduta dal portoghese José Manuel Durão Barroso, emana la “Carta Europea dei Ricercatori”. La Carta elenca un insieme di principi generali e requisiti fondamentali per l’assunzione dei ricercatori in Europa e definisce diritti e doveri dei ricercatori scientifici e degli enti pubblici e privati che li assumono o li finanziano, ed è a tutt’oggi il principale riferimento per la legislazione europea su questi temi.

In particolare, la Carta riconosce che tutti coloro “che hanno abbracciato la carriera di ricercatore devono essere riconosciuti come professionisti ed essere trattati di conseguenza. Si dovrebbe cominciare nella fase iniziale delle carriere, ossia subito dopo la laurea, indipendentemente dalla classificazione a livello nazionale”. Inoltre afferma che “i datori di lavoro e/o i finanziatori dovrebbero assicurare ai ricercatori condizioni giuste e attrattive in termini di finanziamento e/o salario, comprese misure di previdenza sociale adeguate e giuste (ivi compresi le indennità di malattia e maternità, i diritti pensionistici e i sussidi di disoccupazione), conformemente alla legislazione nazionale vigente e agli accordi collettivi nazionali o settoriali.

La Carta viene rapidamente sottoscritta dai principali enti di ricerca europei. Il 7 luglio 2005 i rettori di tutte le università italiane, riuniti a Camerino, recepiscono le raccomandazioni contenute nel documento firmando una “Dichiarazione di impegno all’attuazione della Carta Europea dei Ricercatori”.
 

I diritti negati: nessuna dignità alla ricerca

Il 22 febbraio 2014 Matteo Renzi, il più giovane primo ministro della storia della Repubblica Italiana, varca il portone di Palazzo Chigi. Tra le prime e controverse misure prese dal nuovo governo vi è il “Jobs Act”, una radicale revisione delle normative sul lavoro. La riscrittura delle norme sul lavoro è lunga e laboriosa, e si trascina per tutto il 2014 e parte del 2015.

Il 4 marzo 2015 il governo emana il Decreto Legislativo n.22 sul riordino degli ammortizzatori sociali. Il Decreto introduce una nuova indennità di disoccupazione per i collaboratori con rapporto di collaborazione coordinata, la cosiddetta DIS-COLL. Essa ha come destinatari i “collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto - con esclusione degli amministratori e dei sindaci - iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l’INPS, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione”.

La formulazione del decreto è piuttosto ampia e nebulosa, e lascia nel dubbio migliaia di dottorandi e precari della ricerca: abbiamo diritto anche noi al sussidio di disoccupazione?

All’ADI giungono numerose sollecitazioni dai colleghi di tutta Italia. Per due mesi i volontari dell’associazione tempestano gli uffici dell’INPS con domande e richieste fino a quando, il 27 aprile 2015, l’INPS decide di non decidere, emanando una fumosa nota in cui si limita a riportare tale e quale il testo del Decreto Legislativo.

Per spingere l’INPS all’azione, l’ADI lancia la campagna “Vengo anch’io, no tu no!”: decine e decine di lettere con richieste di chiarimento sulla normativa inondano le sedi INPS di tutta Italia. Le prime risposte pervenute all’ADI da alcuni uffici regionali presentano però un’interpretazione riduttiva della normativa, escludendo dottorandi e assegnisti dal sussidio.

L’8 maggio 2015 ADI e FLC-CGIL lanciano la petizione “Perché noi no?”, che chiede al governo l’estensione della DIS-COLL ad assegnisti di ricerca, borsisti e dottorandi di tutta Italia. In pochissimo tempo la petizione raccoglie migliaia di firme, ma una brutta sorpresa è dietro l’angolo.

È il 13 maggio 2015 quando il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti sembra mettere una pietra tombale sulle speranze di tutti i dottorandi e i ricercatori precari d’Italia. Durante un’interrogazione sul tema alla Camera dei Deputati, il Ministro sostiene che assegnisti di ricerca, dottorandi e ricercatori precari non possono essere considerati in tutto e per tutto lavoratori.

È l’ennesima volta in cui un beneficio previsto dalla legge viene negato ai ricercatori sulla base di una supposta differenza tra loro e il resto dei lavoratori. L’indignazione è enorme, ed è la scintilla che dà l’avvio ad una lunga campagna, che è diventata fondamentale per l’affermazione della percezione dei precari della ricerca come categoria di lavoratori. Con la decisione di lottare per vedere riconosciuto il proprio diritto alla DIS-COLL, i ricercatori hanno affermato e rivendicato la propria dignità come lavoratori e pilastri della società.

Alle dichiarazioni di Poletti rispondono immediatamente ADI e FLC. Al Ministro si ricorda che dottorandi e assegnisti non possono essere considerati studenti o lavoratori secondo le convenienze, costringendoli a versare il 30% del loro reddito alle Gestione Separata dell’INPS senza poter fruire dei benefici erogati dal medesimo ente. Dottorandi, borsisti e assegnisti compongono un terzo del personale accademico: senza di loro gli atenei, privati da anni di risorse finanziarie e strangolati dal blocco del turn-over, non potrebbero garantire gran parte delle proprie attività di ricerca e didattica. Per quanto riguarda gli assegnisti, le dichiarazioni di Poletti sono inoltre in netta contraddizione con la nota MIUR del 12 marzo 1998 che istituisce gli assegni di ricerca su contorni identici a quelli dei co.co.co.
In breve tempo la petizione “Perché noi no?” raggiunge quasi 10.000 firme.

Nel luglio 2015 ADI calcola l'importo della DIS-COLL per dottorandi e assegnisti di ricerca: le cifre, comprese tra 700 e 900 euro, consentirebbero ai giovani ricercatori di poter contare su un ammortizzare minimo per affrontare i rischi del precariato universitario.

Per tutta l’estate la politica rimane sorda alle richieste dei ricercatori precari, ed allora si decide di alzare il tiro: è giunto il momento di tirare in ballo anche la giustizia amministrativa. L’ADI invita dottorandi e assegnisti a fare ugualmente domanda per la DIS-COLL, mettendo a disposizione i mezzi dell’associazione per sostenere gli eventuali ricorsi.

 

Perché noi no?” - il lungo autunno del 2015

Nel frattempo i contatti con il Parlamento non si interrompono. L’autunno porta diversi parlamentari ad interessarsi alla questione, e finalmente, a novembre 2015, un emendamento al DdL Stabilità 2016, oltre a prevedere la proroga della DIS-COLL per tutto il 2016, estende il diritto al beneficio anche agli assegnisti di ricerca. Dopo mesi di porte chiuse, finalmente il primo importante passo avanti! Tuttavia dottorandi e borsisti restano esclusi dal sussidio, che rimane una misura tampone da rinnovare di anno in anno; inoltre, e questa è la paura più grande, il percorso del DdL Stabilità è lungo, e si rischia che nell’iter i fondi vengano allocati altrove, o che l’emendamento sia cancellato.

La lotta non è finita, dunque, e l’attenzione sulla campagna deve restare ancora alta. Per una piccola associazione come ADI è la prima volta che una campagna si estende su un periodo così lungo, e viene curata in modo costante attraverso un’infinità di piccole e grandi iniziative. È in questi anni che l’ADI perfeziona la sua strategia comunicativa attraverso i social, stimolando la partecipazione attiva di tutti i precari della ricerca intorno ad un obiettivo difficile, ma molto chiaro.

Il “Perché noi no?” va ormai oltre la petizione, e viene rilanciato in decine di iniziative in tutta Italia. Parte la maratona DIS-COLL: per tutto l’autunno 2015 nelle città italiane sono allestiti dei banchetti per aiutare i precari a presentare la domanda per il sussidio di disoccupazione. Tra il 9 e il 18 dicembre i banchetti fioriscono nelle città che ospitano le sedi ADI più attive, da nord alle isole: Padova, Pavia e Pisa, Roma, Bari, Reggio Calabria, Sassari.

Ma no, niente da fare. Nonostante la grande mobilitazione nazionale, i peggiori timori diventano realtà: l’estensione della DIS-COLL agli assegnisti è stata un sogno breve, che naufraga il 15 dicembre 2015, quando il DdL Stabilità conferma la DIS-COLL per il 2016, ma cancella l’estensione agli assegnisti. A mettere il sale sulle ferite, il 23 dicembre arriva di nuovo il Ministro Poletti che, con appena 5 mesi di ritardo, decide di rispondere ad un interpello della FLC-CGIL dichiarando che dottorandi e assegnisti sono inequivocabilmente “studenti”.

I “regali di Natale” del Parlamento e del Governo dovrebbero deprimere gli attivisti, e la frustrazione in effetti si fa sentire. Stavolta però l’indignazione si diffonde e cresce la voglia di riscossa. Nel 2015 i ricercatori precari hanno dimostrato alla politica di essere sul pezzo, di non mollare la presa, e hanno mostrato tutti gli scivoloni dei politici sui temi dell’università e della ricerca per quello che sono: sintomi di inadeguatezza e di scarsa considerazione per il nostro lavoro.

Non tutti i rappresentanti delle istituzioni hanno capito che il vento sta girando, e colpiranno di nuovo nei mesi successivi; nonostante ciò, il 2016 si apre con toni conciliatori da parte del Governo e dell’INPS, che riconoscono finalmente la necessità di ammortizzatori sociali per i precari della ricerca. Esaurita senza successo la spinta autunnale e priva di riscontri significativi sul fronte della giustizia amministrativa, la campagna “Perché noi no?” viene tenuta viva da queste timide aperture e dalla determinazione delle organizzazioni dei precari, che cercano altre vie.

 

La marea monta

Un supporto prezioso al riconoscimento della DIS-COLL per dottorandi e assegnisti arriva nella primavera del 2016 dal Consiglio nazionale degli Studenti Universitari (CNSU), grazie alla mozione presentata dal rappresentante dei dottorandi Giuseppe Montalbano, eletto nel 2013 tra le fila dell’ADI. Sebbene il CNSU rappresenti gli studenti e non i lavoratori, il Consiglio non può e non vuole ignorare il dettato della Carta Europea dei Ricercatori.

La DIS-COLL è un tema importante per il CNSU. Anche Matteo Piolatto, candidato dall’ADI a rappresentare i dottorandi per il triennio 2016-2019, a maggio scrive nero su bianco nel suo programma che l’indennità di disoccupazione deve essere riconosciuta a dottorandi e assegnisti. La sua grande vittoria nella tornata elettorale, con numeri mai visti prima per un candidato dei dottorandi al CNSU, conferma che anche i dottorandi sono consapevoli dei loro diritti e dà una nuova carica di fiducia agli attivisti.

L’obiettivo è difficile, ma si sa: i ricercatori sono testardi e creativi e la campagna ormai si diffonde. Non si arretra neppure di un millimetro. È in questo contesto che, a dicembre 2016, il Ministro Poletti offre involontariamente una nuova spinta alla determinazione dei precari: ad una domanda sul problema della “fuga dei cervelli”, il Ministro risponde affermando “Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi.

L’uscita, che si qualifica da sé, ha tutto sommato il pregio di portare ai ricercatori nuovi sostenitori, sino ad allora estranei alla battaglia: per l’opinione pubblica i ricercatori precari sono giovani, sono gente che è stata formata con le tasse di tutti, sono figli, fratelli, vicini di casa, sono il futuro del Paese.

In due anni di battaglie, il tema dell’estensione della DIS-COLL ai ricercatori è entrato prepotentemente in Parlamento e, cosa molto più importante, nelle coscienze di un numero crescente di dottorandi e assegnisti e precari della ricerca. E l’opinione pubblica è ormai dalla nostra parte.

 

La vittoria di chi non rinuncia a sperare

È ormai il gennaio del 2017: dopo due anni di lotta, però, l’estensione della DIS-COLL diventa improvvisamente un miraggio irraggiungibile. Una vera e propria mannaia, infatti, si abbatte sulle speranze di dottorandi e assegnisti: il Decreto Milleproroghe 2017 decreta l’eliminazione tout-court della DIS-COLL. Invece di estendere il diritto al sussidio di disoccupazione a chi ancora non ne godeva, il Parlamento decide di toglierlo a tutti.

Potrebbe essere la fine, e invece no. È come se saltassero gli argini di un fiume in piena, e la lotta di dottorandi, assegnisti e precari della ricerca si salda a quella di decine di migliaia di collaboratori a contratto in tutta Italia. La marea di indignazione e attivismo è inarrestabile e travolge ogni resistenza.

In pochi giorni le dichiarazioni politiche si invertono completamente di segno e il Parlamento prende inaspettatamente a lavorare nella giusta direzione. A metà febbraio la Commissione Affari Costituzionali del Senato approva una proroga della DIS-COLL per sei mesi, fino al 30 giugno 2017, che continua ad escludere i precari della ricerca: si tratta di una misura di gran lunga inferiore a quella precedentemente ipotizzata dal Governo, ma pur sempre un passo avanti rispetto alla cancellazione del sussidio.

La spinta degli attivisti non cessa, e ADI scrive una lettera alla Ministra dell’Istruzione, Università e Ricerca, Valeria Fedeli, reiterando l’urgenza di vedere riconosciuti i diritti di migliaia di lavoratori della ricerca in tutta Italia. Nello stesso periodo, la DIS-COLL fa la sua comparsa come misura strutturale, e non più temporanea, nella legge delega sul lavoro autonomo non imprenditoriale in discussione presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.

È il momento: è necessaria l’ultima – potentissima – spinta per l’estensione della DIS-COLL ai lavoratori della ricerca. Mentre la bozza è in discussione alla Camera, il 27 febbraio parte la petizione "Ricerca è lavoro": nel giro di due soli frenetici giorni ben 16.000 persone esprimono il loro sostegno alla lotta dei ricercatori italiani. Non solo: decine e decine di colleghi scrivono via Twitter ai membri di Camera e Senato, invitandoli a sostenere la causa dei giovani ricercatori.

La certezza della vittoria inizia a farsi strada. Dopo anni di campagne e porte in faccia, si sa che nulla è certo; eppure l’enorme sforzo collettivo di migliaia e migliaia di volontari che hanno firmato condiviso la petizione inizia a creare un senso di sicurezza: questa volta ce la facciamo!

È il 28 febbraio quando la Commissione Lavoro della Camera approva l’estensione della DIS-COLL a dottorandi con borsa e assegnisti di ricerca, e rende finalmente strutturale il sussidio di disoccupazione. Dottorandi senza borsa e borsisti di ricerca restano purtroppo esclusi dal sussidio in quanto esenti dal versamento dei contributi all’INPS. Il 10 maggio 2017, il Senato approva la misura, che ora è finalmente legge.

È una vittoria senza precedenti per i lavoratori della ricerca, che per la prima volta hanno lottato insieme per un obiettivo che all’inizio sembrava irraggiungibile. È la vittoria di chi non ha mai rinunciato a sperare.

 

Epilogo

Fatta la legge, non resta che convincere l’INPS ad applicarla. Dal 1° luglio 2017 dottorandi con borsa e assegnisti possono richiedere la DIS-COLL, ma non c’è ombra della circolare attuativa. Il 30 giugno, l’ADI scrive all’INPS sollecitando l’emanazione della circolare, che arriva solamente il 19 luglio.

Tutto sembra finito nel migliore dei modi, ma l’INPS ha deciso che non è bene che dottorandi e assegnisti vedano riconosciuti i propri diritti troppo facilmente. Magari iniziano a farci l’abitudine! A settembre, infatti, le caselle di posta dell’ADI sono inondate di mail di colleghi che si vedono respingere la domanda perché non aventi diritto proprio in quanto dottorandi o assegnisti.

Vengono messe in atto rapidamente varie soluzioni: alcuni volontari accompagnano i malcapitati agli uffici INPS circolare alla mano, altri vengono assistiti dai patronati sindacali, che seguono anche i casi più spinosi degli assegnisti che hanno terminato il contratto proprio il 30 giugno e che cadono in un limbo di incertezze. L'ADI scrive nuovamente all’INPS per chiedere di porre fine al ridicolo balletto burocratico ed aggiornare tutti gli uffici e le sedi sulle nuove normative.

Superato lo scoglio della diffusione della circolare, ecco una nuova grana: i colleghi chiedono di nuovo supporto all’ADI perché le domande vengono rigettate in quanto prive del modulo UNILAV. L’UNILAV è un modulo che deve essere rilasciato dal datore di lavoro ai neo-disoccupati, e che le università si rifiutano di rilasciare per i dottorandi, ancora considerati studenti. Ci vuole ancora qualche mese, prima che una vecchia circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica fornisca finalmente all’ADI la maniera di rintuzzare i burocrati dell’INPS, che finalmente accetta che il modulo UNILAV non sia dovuto per i dottorandi.

Nei mesi e negli anni che sono seguiti i volontari dell’ADI hanno raccolto le domande, i dubbi e i problemi incontrati dalle migliaia di dottorandi e assegnisti che hanno potuto fare la domanda per la DIS-COLL. Queste richieste di aiuto individuali e le relative soluzioni sono diventate ora un patrimonio collettivo, sotto forma di una Guida alla DIS-COLL estesa ed aggiornata, che sarà pubblicata sul sito dell’ADI tra pochi giorni.

Sono passati ormai due anni dalla prima, storica vittoria dei lavoratori della ricerca. Ma la lotta per i nostri diritti continua, oggi più che mai.

Più siamo, più contiamo! Unisciti a noi!

 

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