Analisi del documento ANVUR relativo ai criteri per l’accreditamento dei corsi di dottorato

Analisi del documento ANVUR relativo ai criteri per l’accreditamento dei corsi di dottorato (PDF)

Segreteria Nazionale ADI

 

Premessa

Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da significative trasformazioni della normativa relativa al Dottorato di Ricerca.

Queste trasformazioni sono iniziate con l’art. 19 della L. 240/2010, che abolisce il vincolo di almeno la metà dei posti banditi che devono essere coperti da borsa di studio – precedentemente dalla L. 210/1998, art. 4, co. 3, l. c – e introduce il processo di accreditamento dei corsi di dottorato.

L’art. 19 trova attuazione con il D.M. 45/2013, cioè il “Regolamento recante modalità di accreditamento delle sedi e dei corsi di dottorato e criteri per la istituzione dei corsi di dottorato da parte degli enti accreditati”. Il Regolamento definisce quali sono i soggetti che possono fare richiesta di attivazione di un dottorato di ricerca, regola le modalità secondo cui si valutano i soggetti richiedenti e norma i processi secondo cui i soggetti accreditati devono attivare i corsi di dottorato.

Il recente documento per “L’accreditamento dei corsi di dottorato”, approvato dall’ANVUR il 21 febbraio 2014, si inserisce nel percorso tracciato dai suddetti provvedimenti, illustrando i criteri e gli indicatori da adottare per l’accreditamento dei corsi di dottorato. Ricordiamo che “I corsi di dottorato sono attivati, previo accreditamento concesso dal Ministero, su conforme parere dell’ANVUR” (D.M. 45/2013, art. 2, co. 1).

L’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani (ADI) ha seguito con grande attenzione il processo appena illustrato, evidenziando i punti critici che lo hanno finora caratterizzato: se l’art. 19 della L. 240/2010 pone le basi per una proliferazione del dottorato senza borsa – condizione che spesso si traduce in situazioni di grave difficoltà nello svolgimento del proprio lavoro da parte di migliaia di dottorandi –, il Regolamento contenuto nel D.M. 45/2013 ci è apparso fin da subito un’occasione mancata per organizzare in maniera chiara il settore del Dottorato di Ricerca e definire lo status del dottorando in maniera coerente con quanto indicato nella Carta Europea dei Ricercatori.

Nel presente documento di analisi prendiamo in considerazioni i criteri e gli indicatori proposti dall’ANVUR per il processo di accreditamento dei corsi di dottorato, con la consapevolezza che tale analisi non può prescindere dal contesto generale costituito dagli interventi sul sistema accademico italiano operati dagli ultimi tre Governi. Questi interventi, a a partire dalla L. 133/2008, hanno avuto come effetto complessivo una riduzione dei fondi destinati al settore del Dottorato di Ricerca, riduzione che ha preso la forma di una contrazione del numero delle borse di studio – l’ADI ha rilevato una riduzione del 24% delle borse bandite nell’a.a. 2012/2013 da 21 università italiane rispetto alle borse bandite dalle stesse nell’a.a. 2008/2009 [1] - e una drastica riduzione dei fondi messi a disposizione dai dipartimenti per le attività di ricerca e di formazione dei dottorandi. Alle luce di questo contesto generale anche indicazioni meritorie relative alla percentuale delle borse sul numero complessivo dei posti di dottorato e norme relative ai fondi previsti per i dottorandi rischiano di essere inefficaci o addirittura innescare ulteriori effetti regressivi.

 

Analisi

Criterio A1

Il criterio A1 riguarda la qualificazione scientifica dei soggetti che presentano domanda di accreditamento di un corso di dottorato. Questi soggetti possono essere: università italiane, istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzata, consorzi tra università (tra cui anche università straniere) e consorzi tra università ed enti di ricerca (tra cui anche enti di ricerca stranieri) (D.M. 45/2013, art. 2, co. 2).

Dopo una fase di consultazione con gli atenei italiani, l’ANVUR ha deciso di legare la valutazione complessiva della qualificazione delle università richiedenti alla valutazione del collegio dei docenti del corso di dottorato. Questa scelta evita il rischio che un contesto sfavorevole penalizzi un collegio docenti caratterizzato da elevate competenze e da un costante attività di ricerca. Lascia però intatte le perplessità relative agli indicatori utilizzati per la valutazione del collegio docenti (vedi Criterio A4).

Per quanto riguarda i corsi di dottorato che le università possono istituire in collaborazione con imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo (D.M. 45/2013, art. 11), l’ADI propone un indicatore aggiuntivo rispetto a quelli definiti dall’ANVUR. Accanto alla valutazione della “presenza di una attività di ricerca e sviluppo da parte dell’imprese, documentata dalla partecipazione a progetti di ricerca nazionali e internazionali e dell’eventuale presenza di una sezione aziendale (quale ad esempio un centro di ricerca) specificamente dediti a tali attività” sarebbe opportuno inserire “la chiara indicazione degli oneri addebitabili all’impresa in termini di finanziamento e formazione dei dottorandi”. Riteniamo infatti che sia necessario valutare non solo la capacità da parte dell’impresa interessata di fare ricerca, ma anche i modi in cui l’impresa potrà mettere questa sua capacità a servizio del percorso di formazione e di crescita scientifica dei dottorandi.

Ribadiamo anche in questa sede la nostra critica al “dottorato industriale”, modalità che permetterebbe di “destinare una quota dei posti disponibili, sulla base di specifiche convenzioni, ai dipendenti di imprese impegnate in attività di elevata qualificazione” (D.M. 45/2013, art. 11, co. 2). Riteniamo che questa modalità sia assolutamente contraria allo scopo del dottorato di ricerca, che dovrebbe essere quello di stimolare la ricerca libera e non quello di sostituire i corsi di formazione delle aziende.

 

Criterio A2

Il criterio A2 riguarda la coerenza tematica del corso di dottorato, i cui ambiti dovrebbero essere “ampi, organici e chiaramente definiti”.

La formulazione contenuta nella prima versione del documento sui criteri di accreditamento (approvato dall’ANVUR il 18 dicembre 2013) prevedeva che le tematiche del corso di dottorato dovessero essere riconducibili a un solo macrosettore concorsuale. Questa impostazione ha ricevuto numerose critiche dal mondo accademico italiano, tra cui quelle dell’ADI, che in un comunicato del 31 gennaio scorso[2] segnalava “il “doppio movimento” impresso al dottorato italiano nel giro di pochi mesi: se con il DM 45/2013 si è provocato un profondo processo di riduzione per accorpamento di molti corsi, ora la bozza ANVUR imposta come criterio privilegiato di accreditamento quello della spiccata settorialità.”

Nell’attuale versione del documento il riferimento al macrosettore concorsuale è stato cancellato e sostituito con una più generale raccomandazione di “evitare per quanto possibile, corsi di dottorato che siano la mera aggregazione di tematiche assai diverse tra loro per oggetto della ricerca e metodologia di analisi”.

L’ADI accoglie con favore questa modifica ma continua a manifestare delle forti perplessità sulla normativa vigente in merito al numero medio delle borse di studio che devono essere previste per l’attivazione di un corso di dottorato (6 borse come numero medio per l’intero corso con un valore minimo che non può scendere sotto 4 per il singolo ciclo (D.M. 45/2013, art. 4, co. 1, l. c)). Si tratta di un vincolo molto forte che, come osserva la stessa ANVUR nei “Commenti alle osservazioni pervenute sul documento provvisorio di accreditamento dei corsi di dottorato”, “ha costretto gli atenei ad accorpamenti non sempre rispondenti a esigenze di natura scientifica”. Aggiungiamo che questi accorpamenti hanno spesso risposto a esigenze di sopravvivenza, specie per quei settori di ricerca di base e non applicata dove la possibilità di reperire risorse esterne è minore.

Nella valutazione della coerenza tematica dei corsi sarà dunque necessario tenere in considerazione i processi attivati dal D.M. 45/2013 in modo da evitare – in attesa di sostanziali modifiche del suddetto decreto – che indicazioni radicalmente contrastanti si traducano in un’ulteriore contrazione dell’offerta di corsi di dottorato da parte del sistema accademico italiano.

 

Criterio A3

Il criterio A3 riguarda la composizione numerica del collegio docenti. Secondo l’ANVUR il collegio docenti deve essere composto “da almeno sedici docenti, di cui non più di un quarto ricercatori”.

Non si comprende la ragione del limite relativo alla presenza dei ricercatori all'interno del collegio docenti. In ragione del loro forte orientamento all'attività di ricerca, i ricercatori potrebbero infatti fornire un importante contributo alla formazione dei dottorandi. Riteniamo quindi che il limite vada rimosso.

 

Criterio A4

Questo criterio si propone di verificare il possesso, da parte dei membri del Collegio, di documentati risultati di ricerca di livello internazionale negli ambiti disciplinari del corso, con particolare riferimento a quelli conseguiti nei cinque anni precedenti la data di richiesta di accreditamento. Al fine di perseguire questo obiettivo, l’ANVUR intende utilizzare gli indicatori della VQR, corretti con un apposito indicatore discreto "I" ottenuto tramite il ricorso alle mediane dell'ASN.

Sottolineiamo la sconvenienza dell'utilizzo della VQR sotto un duplice profilo: a) i suoi indicatori non si adattano alla valutazione dei singoli docenti né a quella di strutture - come i collegi docenti - diverse dagli atenei e dai dipartimenti, ambito originario di applicazione della VQR; b) per stessa ammissione dell’ANVUR, gli indicatori della VQR, riferiti agli anni 2004-2010, mostrano un preoccupante tasso di desuetudine che li rende del tutto inadatti a offrire la base per la costruzione dei nuovi collegi.

Il tentativo dell’ANVUR di ricorrere all'utilizzo delle mediane ASN per bilanciare la carenza di rappresentatività degli indicatori della VQR appare, del resto, poco convincente perché non può essere applicata a tutti i componenti del collegio, ma solo a docenti ordinari e associati.

L'insieme di questi indicatori, dunque, mostra gravi e preoccupanti lacune in ordine alla loro capacità di fornire una rappresentazione aggiornata e completa della qualità della ricerca espressa dai collegi.

In alternativa, si suggerisce di valutare per ogni collegio la presenza di un congruo numero di pubblicazioni negli ultimi 5 anni o valorizzare la funzione dei nuclei di valutazione d'ateneo.

 

Criterio A5

Il criterio A5 riguarda “la disponibilità di un numero medio di almeno sei borse di studio per corso di dottorato attivato, fermo restando che per il singolo ciclo di dottorato la disponibilità non può essere inferiore a quattro”. Nel caso di dottorati attivati da consorzi ogni istituzione che fa parte del consorzio deve assicurare almeno tre borse di studio.

L’ANVUR chiede l’autocertificazione di questo parametro e valuterà il rapporto fra il numero totale di posti e l’ampiezza del collegio docenti. Il rapporto dovrà essere tale da garantire che ogni dottorando sia seguito adeguatamente. L’ANVUR raccomanda inoltre che il numero delle borse copra il 75% dei posti disponibili.

L’ADI valuta positivamente le indicazioni relative al rapporto fra numero totale di posti e ampiezza del collegio docenti e la raccomandazione sulla quota di posti coperti da borsa di studio. Contestualmente invita l’ANVUR e il MIUR a riflettere sugli esiti distorti che potrebbe avere la combinazione tra la soglia numerica indicata nel D.M. 45/2013 e la raccomandazione dell’ANVUR, che peraltro contraddice la logica alla base dell’art. 19, co. 1, l. b della L. 240/2010, cioè la possibilità di ampliare la percentuale dei dottorandi senza borsa.

Seguendo la lodevole raccomandazione dell’ANVUR ma dovendo rispettare la soglia del numero di borse previsto dal D.M. 45/2013, data l’endemica assenza di fondi determinata dalle politiche regressive degli ultimi anni, alcuni atenei potrebbero optare per un semplice taglio dei posti senza borsa piuttosto che per l’auspicato aumento del numero delle borse. Ciò porterebbe a un ulteriore peggioramento della situazione del Dottorato all’interno del nostro Paese. Ricordiamo che in base alle elaborazioni ADI sui dati Eurostat l’Italia è già agli ultimi posti per numero medio di dottorandi ogni 1.000 abitanti [3].

Oltre a ribadire la necessità di un intervento sul D.M. 45/2013 che porti a un abbassamento della soglia prevista, chiediamo nuovamente un aumento dei fondi destinati alle borse di dottorato, con l’auspicabile obiettivo di arrivare al superamento del dottorato senza borsa senza incidere negativamente sul numero complessivo dei posti.

Va aggiunto che l’ANVUR, nei "Commenti", raccomanda agli atenei di non praticare ulteriori accorpamenti disciplinari, ritenendo preferibile la possibilità dei dottorati in convenzione, "che dovrebbe quindi essere incentivata riducendo il vincolo sul numero minimo di borse, ad esempio richiedendo che globalmente il corso possegga lo stesso numero minimo di borse dei dottorati a singola sede, e che ciascuna delle sedi convenzionate debba apportare almeno una borsa. Inoltre, - continua l'ANVUR - sempre al fine di incentivare, o almeno non disincentivare i dottorati in convenzione, tutte le sedi convenzionate dovrebbero poter usufruire, in sede di valutazione, dei vantaggi derivanti dall’essere sede di un corso di dottorato". Riteniamo importante quest’ultimo passaggio, perché se applicato consentirebbe agli atenei medio-piccoli di non andare brutalmente incontro a un processo di assorbimento dei propri dottorati a favore degli atenei medio-grandi.

 

Criterio A6 

Il criterio A6 riguarda la disponibilità di “congrui e stabili finanziamenti per la sostenibilità del corso”. Più in particolare richiede “richiede per ciascuna borsa un aumento minimo del 10% a partire dal secondo anno per sostenere la mobilità sporadica del dottorando (partecipazione a congressi, visite brevi ad altri atenei/laboratori). Ad evitare discriminazioni tra dottorandi con e senza borsa, la quota in aumento del 10% deve valere per tutti gli studenti ammessi al corso di dottorato. […] Inoltre, deve essere garantita la disponibilità del 50% di aumento della borsa per un periodo non superiore a 18 mesi e limitatamente ai previsti periodi di soggiorno lungo all’estero. La misura va applicata a tutti i dottorandi. Coloro che non usufruiscono di borsa potranno ricevere tale quota come un contributo alle spese di soggiorno estero.”

L’ADI accoglie con grande soddisfazione la definizione di questi parametri specifici.

L’indicazione esplicita in base alla quale il 10% di aumento minimo della borsa di studio deve valere per tutti gli ammessi al dottorato pone rimedio all’ambigua formulazione contenuta nell’art. 9, co. 3 del D.M. 45/2013. Questa ambiguità ha consentito ad alcuni atenei di elaborare regolamenti di dottorato in cui questo budget per la mobilità sporadica del dottorando è riconosciuto solo ai dottorandi con borsa.

Anche l’estensione del contributo equivalente al 50% della borsa di studio per periodi di soggiorno all’estero rappresenta un importante passo in avanti verso il superamento delle discriminazioni cui sono soggetti i dottorandi senza borsa fin dalla prima definizione del loro profilo.

Ci preme sottolineare, però, che in assenza di un aumento dei fondi destinati al funzionamento dei dottorati queste indicazioni rischiano di rimanere solo sulla carta.

Sia il 10% per la mobilità sporadica sia il 50% per il soggiorno all'estero non saranno fondi destinati ai singoli dottorandi ma sono da intendere come fondi complessivi, a disposizione dei dottorandi ma assegnati a seconda delle esigenze di mobilità di ciascuno.

Riteniamo che questa formulazione vada superata e che le quote vadano vincolate al singolo dottorando. Qualora questo non le utilizzi completamente, le parti residue dovrebbero confluire nei fondi per il successivo anno di corso.

Un simile meccanismo consentirebbe di evitare i processi iniqui e poco trasparenti nella distribuzione delle risorse che a volte si osservano all’interno di alcuni dottorati.

 

Criterio A7

Il criterio A7 riguarda la disponibilità di strutture adeguate per l’attività di studio e di ricerca dei dottorandi, “ivi inclusi, a proposito della tipologia del corso, laboratori scientifici, un adeguato patrimonio librario, banche dati (anche di riviste, monografie e fonti per le discipline umanistiche) e risorse per il calcolo elettronico.”

L’accertamento di questi requisiti si basa principalmente sull’autocertificazione da parte del soggetto che si propone per l’accreditamento.

L’ADI ritiene che questo accertamento sia fondamentale per garantire un concreto miglioramento delle condizioni in cui operano quotidianamente migliaia di dottorandi, con un conseguente effetto positivo sulla qualità della ricerca prodotta. Per rendere più completa la valutazione da parte dell’ANVUR, proponiamo di corredare l’autocertificazione da parte delle università che hanno dei corsi già attivi con le valutazioni elaborate dai nuclei di valutazione delle medesime a partire dalle effettive esperienze dei dottorandi.

 

Criterio A8

Il criterio riguarda “l’esistenza di attività formative specifiche per il dottorato, eventualmente corredate di accertamento finale, sia di contenuto specialistico che interdisciplinare, di perfezionamento linguistico e informatico e della valorizzazione dei risultati della ricerca e della proprietà intellettuale."

L’accertamento di questi requisiti si basa sulla descrizione contenuta nel modulo di proposta.

Riteniamo fondamentale incentivare la ricchezza del percorso formativo proposto ai dottorandi. Come per il criterio A7, per rendere più completa la valutazione da parte dell’ANVUR, proponiamo di corredare la descrizione contenuta nel modulo di proposta da parte delle università che hanno dei corsi già attivi con le valutazioni elaborate dai nuclei di valutazione delle medesime a partire dalle effettive esperienze dei dottorandi.

 

Criterio A9

Il criterio A9 riguarda “la presenza di attività scientifica dei dottorandi nei tre anni del dottorato e dei neo-dottori (nei tre anni che seguono il conseguimento del titolo) documentata dalle pubblicazioni edite nel sessennio.”

In attesa della realizzazione dell’anagrafe nazionale dei dottorati di ricerca, prevista dell’art. 14 del D.M. 45/2013, riconosce che un controllo del criterio sarebbe di difficile attuazione  e stabilisce di non utilizzarlo per l’accreditamento ma solo per la valutazione ex post dei corsi di dottorato.

Consideriamo importante l’attivazione, nel più breve tempo possibile, dell’anagrafe dei dottorati di ricerca. L’anagrafe potrebbe diventare uno strumento importante per la valorizzazione dei risultati delle ricerche dei dottorandi e per impostare, sulla base di una raccolta sistematica dei dati sugli sbocchi occupazionali e sulle carriere dei dottorandi, politiche per la valorizzazione del titolo.

Una volta attivata tale anagrafe, la presenza di attività scientifica da parte dei dottorandi potrà essere rilevata sulla base di un congruo numero medio di pubblicazioni per dottorando del corso. La presenza di attività scientifica tra i neo dottori nei tre anni successivi al conseguimento del titolo potrebbe essere rilevata sulla base del numero di tesi di dottorato che si trasformano in pubblicazioni.

Precisiamo che questi parametri devono essere intesi solo come precondizioni per l’accreditamento e non come basi per la predisposizione di eventuali classifiche dei dottorati, intento che traspare dal seguente passaggio del documento ANVUR “Gli studenti che aspirano a frequentare un corso di dottorato dovranno prevedere la mobilità, scegliendo gli atenei con le migliori caratteristiche nel settore prescelto. A tal fine, per consentire scelte informate, l’ANVUR studierà, d’intesa con il MIUR, modalità di pubblicizzazione degli indicatori principali di accreditamento dei corsi di dottorati nelle diverse aree disciplinari”.

Gli indicatori del numero medio di pubblicazioni nel corso del dottorato e del numero di tesi di dottorato pubblicate nei tre anni successivi al conseguimento del titolo, in quel caso, sarebbe completamente inadeguati a rendere conto della qualità delle attività di formazione e ricerca svolte all’interno dei corsi di dottorato. Inoltre verrebbero utilizzati per un fine radicalmente diverso da quello con cui deve operare l’ANVUR: fornire al MIUR dati e valutazioni che consentano un’allocazione ottimale delle risorse destinate all’Università e agli enti di ricerca, nell’ottica di un miglioramento complessivo del sistema del Dottorato di Ricerca.